Ciao, sono Elisabetta e sono una trentaduenne della provincia di Venezia. La mia avventura con EDS (vascolare) inizia nel 1992, anno in cui, all’ospedale infantile Burlo Garofolo di Trieste, mi
venne fatta la diagnosi. La tempestività con cui la ricevetti è legata a una situazione indelebile della mia esistenza infatti nel 1988 mio padre morì all’età di 33 anni per la medesima patologia. La perdita prematura di papà, pose me e i miei fratelli “sotto i riflettori”e, anche se ci sembrò di essere sottoposti a sperimentazioni come delle piccole cavie, cosa che a volte provo ancora oggi (pur sapendo che sia fatto per il bene comune), riuscimmo ad avere velocemente alcune risposte rispetto a chi impiega molti anni per averle. Purtroppo, però, anche mio fratello , all’età di 18 anni, e mia sorella a 27, sono deceduti.
La mia esperienza mi fa dire che sia necessario creare una rete di medici che prendano a cuore la patologia perché, per quanto possa essere difficile, anzi impossibile, creare un protocollo per noi EDSers, è pur vero che se più medici avessero una maggiore conoscenza del tema in questione, non riscontrerebbero così tanti problemi nel gestire i pazienti. Ammetto che, nel tempo, la situazione sia leggermente migliorata! Ora cerco di parlare più direttamente di me…. Per i miei primi 24 anni non ho avuto particolari inconvenienti gravi infatti la mia “scalata verso il successo” – scherzo 😉 – inizia nell’ottobre 2010 .Tornando a casa dal tirocinio universitario non sento più la gamba dx e con PURA AGONIA nel cuore, per i motivi suddetti, affronto il viaggio in treno di due ore: Vicenza-Mestre.
Mi reco in ospedale dove mi accettano con un Codice Bianco, dico BIANCO! Non vengo visitata, perciò, sperando che le cose potessero migliorare durante la notte, alle 3 decido volontariamente di tornare a casa ma, la mattina seguente, mi vedo costretta a tornare in P.S.: questa volta il codice che mi viene affibbiato,pur mostrando la diagnosi e spiegando quanto accaduto poche ore prima, fu IL VERDE! Fortunatamente questa volta dopo circa un’ora di attesa, un paramedico che conosceva vagamente la patologia riuscì a trasferirmi in reparto dove venni visitata da un chirurgo che insultò me e la mia famiglia dicendo che ci stavamo inventando tutto e che era impossibile una storia del genere.
Lo cacciai dalla stanza poi, finalmente, arrivò il primario, che d’urgenza, fece prima l’inserimento di uno stent e poi mi sottopose a un intervento di bypass inguinale. La vittoria più grande fu sì quella di non aver perso la gamba ma anche quella di aver visto entrare nella mia stanza quel medico, che mi insultò, a chiedere scusa. Durante gli esami pre operatori diagnosticarono anche un grosso aneurisma alla splenica che poteva scoppiare da un momento all’altro ma i medici non vollero saperne di operare, motivazione: “PAZIENTE A RISCHIO”! Perciò, una volta dimessa, mi misi alla ricerca di un altro chirurgo competente (o coraggioso). Anche qui il CIELO ha voluto che lo trovassi, un po’ incosciente devo ammetterlo, infatti,mi confessò dopo la splenectomia: “Se avessi saputo che sarebbero potute insorgere così tante complicanze, mi sarei informato meglio!”. Lo ringrazio comunque perché ebbe il
coraggio di rischiare dove altri voltarono le spalle.
Consapevole che la mia situazione fisica era notevolmente cambiata e con molto dolere nel cuore per i tanti rifiuti ricevuti, anche da strutture all’avanguardia, decisi di trovare un centro (italiano o no) che ne sapesse almeno qualcosa in più o che, per lo meno, credesse a ciò che raccontavo. Qui inizia il mio rapporto con il centro di Milano. Non ricordo bene se chiamai io o se chiamarono loro per propormi uno studio, fatto sta che, nel maggio 2011, andai a fare il mio primo ricovero. Ricordo che mia mamma era assai emozionata e che al treno mi accompagnarono i miei più cari amici, divenne un vero e proprio viaggio della speranza!
Ad oggi sono ancora seguita dal centro ma, se con la dottoressa Bassotti e i suoi collaboratori mi trovo bene, non posso affermare la stessa cosa per l’esperienza avuta con alcuni chirurghi della medesima struttura ospedaliera; non entro nei dettagli ma avrei preferito trovare professionisti che affrontassero l’urgenza di un EDS (vascolare) in modo nettamente diverso da quelli che non ne hanno mai sentito parlare! Nessuna polemica, dico ciò solo per mettere in luce quanto importante sarebbe un equipe medica che avesse una preparazione più adeguata in materia, poi ovvio il destino di ognuno è diverso, ma ritengo, da paziente, di aver diritto ad un centro (come ne esistono per altre patologie) che racchiuda più specialisti preparati, evitando a noi EDSers l’eterna ricerca di un medico preparato.
Avrei molto altro da dire ma mi sento solo di accennare alle difficoltà riscontrate nella quotidianità come: evitare gli sforzi, evitare alcune posizioni per via dello stent e del bypass; la presenza costante di lividi,stanchezza fisica, “sbadataggine” e il soffietto al cuore. Ci sono poi altre difficoltà come il lavoro che il fegato e il midollo devono effettuare per supplire a quello della milza o i giudizi della gente, i quali però mi hanno insegnato ad essere caparbia! Nonostante ciò, sono certa di vivere una vita piena e, per la mia esperienza personale, penso che la tempestività
diagnostica ,la ricerca genetica, il sostegno psicologico ed emotivo siano fondamentali per i pazienti e per le persone che gli stanno accanto.
In conclusione ribadisco quanto sia fondamentale un’equipe formata da diversi specialisti del settore sanitario e sociale. Come AISED stiamo cercando da diverso tempo di creare questa equipe e questa rete, ma siamo consapevoli che il primo passo da fare sia quello di presentarci in prima persona attraverso le problematiche ma anche attraverso le vittorie.
ECCOMI sono: Elisabetta.
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Ho la sensazione di soffrire, della stessa malattia, e dello stesso tuo sottotipo, ma perché è mesi che ho dei dolori che non se ne vanno neanche con farmaci potenti, assieme ad altri sintomi evidenti come ecchimosi prolungate, pelle elasticissima, ma non mi sono ancora sottoposta ad accertamenti. La tua storia mi ha molto emozionato.